Etruscan Corner Libri Etruschi Aruspicini

Libri Etruschi Aruspicini

Questi libri regolavano la vita sociale, politica e religiosa degli Etruschi. I libri furono tradotti in latino nel I sec. a.C. da Tarquinio Prisco (Tarquitani Libri) e ripresi da Cicerone (De Divinatione) dove In accordo con i principi filosofici dello Scetticismo egli attacca ogni aspetto riguardante gli oracoli, l’astrologia e l’aruspicina, contestandone la serietà, l’attendibilità ma ne giustifica la pratica in quanto necessaria al mantenimento degli equilibri interni dello Stato e alla salvaguardia delle tradizioni.(N.d.R)

Libri ARUSPICINI

I Libri Etruschi Aruspicini riguardavano la divinazione per mezzo dell’osservazione dei Fulmini e delle viscere degli animali. Già nel 3000 a.C. i Babilonesi praticavano questa divinazione ispezionando le interiora di capi di bestiame, per lo più caprini con particolari caratteristiche. Il fegato era considerato il luogo d’origine del sangue e, pertanto, della vita stessa. I sacerdoti, chiamati a bārû, rivolgevano l’indagine, oltre al fegato, anche ai lobi, alla cistifellea, all’appendice, alla dimensione e alla dislocazione degli organi. Se la cistifellea era ingrossata dal lato destro, ciò poteva essere segno di un futuro incremento della potenza militare del sovrano; se era ingrossata dal lato sinistro, poteva predire una imminente vittoria dei nemici. Altri segni erano tratti dalla misura del condotto biliare il quale, se molto lungo, poteva lasciare prevedere una lunga vita per chi avesse richiesto il rito divinatorio e altri significati ancora venivano riconosciuti dalla presenza o dall’assenza di calcoli.

Etruscan Corner Libri Etruschi Aruspicini Fegato rinvenuto a Piacenza

Libri Etruschi Aruspicini – Modello Fegato di Montone in Bronzo rinvenuto a Piacenza

L’arte divinatoria ebbe particolare successo e si diffuse da Babilonia fino alla penisola italica, dove gli Etruschi la diffusero tra i Greci e i Romani. Il più antico modello anatomico destinato alle pratiche ieromantiche risale al 2000 a C. Nel 1887 venne scoperto a Piacenza un modello in bronzo del fegato di un montone, risalente all’incirca al 100 a.C., contenente svariate incisioni tracciate con il bulino riguardanti i nomi di una quarantina di divinità; tale modello rappresenta al tempo stesso la struttura del mondo (vedi articolo precedente in Conoscenza Arcaica) e la distribuzione del pantheon celeste secondo la visione etrusca.
Sempre secondo gli Etruschi, il padre della ieromanzia fu Tagete, il fanciullo-dio. Così viene descritto il suo arrivo:

Nel corso del suo consueto lavoro agricolo, Tarchun, il mitico fondatore della dinastia dei Tarquini e dell’omonima città del Lazio vide affiorare da uno dei solchi un genio di dimensioni minute con il volto infantile, ma dai capelli grigi e dalla saggezza di un vegliardo. Lo stupore lasciò il posto alla devozione e l’intera Etruria accorse sul luogo, ricevette l’insegnamento delle regole fondamentali della “Disciplina” etrusca da parte di questo genio che si chiamava Tagete ed era ritenuto essere il nipote di Tinia.

L’arte dell’estispicina giunse ad un notevole grado di raffinatezza nella cultura etrusca e il rito era particolarmente sentito dalla popolazione, sempre numeroso in questo tipo di celebrazioni (spesso drammatiche o spettacolari). Il rito era segnato da alcune tappe fondamentali. Colui che praticava l’estispicio, in genere un iniziato o divinatore, sceglieva il capro (di norma un montone) e procedeva alla sua uccisione. Oltre all’esame del fegato e delle viscere, importante era anche il comportamento della bestia durante il sacrificio, la quantità di sangue fuoriuscito e il tempo per spirare: anche questi, infatti, erano interpretati come segni della volontà divina, che si manifestava attraverso l’animale sacrificato (arte aruspicina). Dopo un’accurata ispezione (a cui potevano partecipare più divinatori), la creatura veniva arsa su un altare per poterne trarre gli ultimi auspici a seconda del colore della fiamma sacrificale (empiromanzia) e del fumo liberato dalla combustione (capnomanzia).
Anche gli ebrei conobbero l’estispicina e più brani dell’Antico Testamento ne fanno riferimento, come ad esempio il Libro della genesi XLIV, 5,12 in cui è narrato di una coppa per la divinazione appartenente a Giuseppe trovata nel sacco di Beniamino; nel Libro dei Numeri XXII, 7, dove si racconta che gli anziani di Moab e Midian si recarono da Balaam con i resti del rito divinatorio nelle loro mani; infine nel libro Ezechia XXI, 21 quando il re di Babilonia in piedi “osservò il fegato”.
Tra i Romani, Filostrato racconta del processo ad Apollonio di Tiana accusato di aver sacrificato un ragazzo in una pratica magica contro l’imperatore. Non di rado l’estispicina veniva praticata prima della partenza per la guerra o di una battaglia. La letteratura antica è ricca di tali episodi e testimonia la grande importanza data alla consultazione delle viscere in campo divinatorio. Molta importanza ebbe l’estispicina nella storia della medicina, avendo dato il primo impulso alla costruzione di modelli anatomici di animali. La pratica andò in disuso o venne vietata con l’affermarsi del Cristianesimo.